Pubblico dipendente e lavoro extra istituzionale: sussiste giurisdizione della Corte dei Conti per i danni conseguenti.

DAL SITO DELLA CORTE DEI CONTI

Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana – sentenza n. 164 del 16 aprile 2020 (Pres. Carlino – Est. Mignemi)

Sussiste la giurisdizione della Corte dei Conti per il risarcimento del danno erariale causato alla pubblica amministrazione dal dipendente per lo svolgimento di attività lavorativa extra-istituzionale assolutamente incompatibile e, quindi, non autorizzabile, ex art. 60 del T.U. n. 3 del 10.1.1957, come richiamato dall’art. 53, comma 1, del D.P.R. n. 165 del 2001.

Qualora un pubblico dipendente eserciti una attività lavorativa extra-istituzionale assolutamente incompatibile con l’attività lavorativa svolta per la pubblica amministrazione, così come individuata dall’art. 53, comma 1, del D.P.R. n. 165 del 2001, è configurabile un danno erariale ogni qualvolta la violazione dell’obbligo di esclusiva si risolva nello svolgimento di attività anche solo in apparente conflitto di interessi con l’attività lavorativa presso la pubblica amministrazione o nella dispersione della riserva delle energie lavorative che il dipendente pubblico deve preservare ad esclusivo vantaggio dell’amministrazione di appartenenza, non potendole dissipare esercitando ulteriori attività che lo distolgano dal dovere di collaborazione e dedizione che egli deve al proprio datore di lavoro pubblico.

Nell’ambito del sinallagma contrattuale, infatti, la retribuzione corrisposta al pubblico dipendente non compensa solo una prestazione quantitativamente e qualitativamente definita, ma anche tutte le limitazioni che la legge connette allo status di pubblico dipendente, ivi compreso l’obbligo di esclusiva, nelle sue diverse modulazioni. Quindi, la violazione dell’obbligo di esclusiva pregiudica la sinallagmaticità del rapporto, poiché l’Amministrazione finisce per pagare invano sia quella parte di energie lavorative del dipendente, che, pure se non direttamente ed immediatamente impiegate nell’attività istituzionale, sono comunque acquisite e remunerate dall’Amministrazione, proprio al fine di evitarne la dispersione; sia quella qualità del rapporto attinente alla predefinita ed equilibrata articolazione delle reciproche pretese (pagamento dello stipendio a fronte della prestazione del servizio, secondo precisi canoni comportamentali inclusivi del rispetto del divieto delle incompatibilità); qualità che viene ad essere compromessa dalla sottrazione del dipendente ad uno degli obblighi (quello di esclusività) cui era tenuto.

La consistenza del danno va accertata con l’applicazione del criterio equitativo, considerato che l’esclusività, pure essendo una componente del rapporto connotata da evidente valore economico, facendo parte di quel complesso di caratteristiche che contribuiscono alla morfogenesi dell’impiego pubblico, non è sempre suscettibile di puntuale quantificazione.

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Avv. Roberto Di Pietro

Avv. Roberto Di Pietro da Avezzano (L'Aquila)